Ulteriormente ritardato l’arrivo degli ispettori dell’ Opac a Duma, il sobborgo ad est di Damasco teatro di  un presunto attacco con armi chimiche lo scorso 7 aprile. Lo comunica l’ambasciatore siriano alle Nazioni Unite, Bashar Jaafari, aggiungendo  che quello di due giorni fa è stato un sopralluogo di un team dell’Onu per la sicurezza, che deve stabilire se le condizioni siano adeguate per poter fare entrare la squadra dell’Opac.

Gli ispettori dell’Opac  (Organizzazione per la Proibizione delle armi chimiche)  erano già presenti nei giorni scorsi in Siria, ma i loro sopralluoghi sono stati rallentati per “problemi di sicurezza”. Pare infatti che contro il convoglio di vetture diretto verso il luogo dell’attacco siano stati esplosi alcuni colpi di arma da fuoco.

A riferirlo il capo dell’Opac, affermando che “ Le indagini internazionali sul presunto attacco chimico nella siriana Duma cominceranno “solo se agli ispettori sarà consentito un accesso incondizionato ai luoghi”.

Poco prima il presidente russo Vladimir Putin e la cancelliera tedesca Angela Merkel avevano avuto un lungo colloquio telefonico, convenendo sulla necessità di indagini “imparziali e indipendenti” per far luce su quanto accaduto a Duma.

I soldati schierati a Douma dalla Federazione russa sostengono di aver scoperto all’interno di un edificio diroccato un laboratorio di fortuna con tutto il materiale necessario alla fabbricazione di armi chimiche

“Un laboratorio chimico e un deposito di sostanze chimiche sono stati trovati durante un’ispezione a Duma”,  queste le  parole di A. Rodionov, portavoce delle truppe CBRN (Chemical, biological, radiological and nuclear defense )  in Siria. “Durante l’ispezione, gli specialisti hanno scoperto sostanze chimiche bandite. Inoltre, hanno trovato un contenitore di cloro simile a quello usato dai miliziani per mettere in scena il falso attacco chimico”.

La Russia continua a schierarsi al fianco dell’alleato siriano sostenendo infatti la totale estraneità nei fatti di Douma e negando categoricamente ogni coinvolgimento nell’attacco con armi illegali.

Per la verità i fatti del 7 Aprile appaiono controversi e non facilmente spiegabili dal momento che, sebbene le potenze occidentali sostengano di avere “prove certe” a carico del regime siriano, non è facile spiegarsi i vantaggi strategici che Bashar Al Assad avrebbe avuto da un attacco di tipo terroristico in un momento in cui la stabilità del suo regime non è nemmeno più messa in discussione.

Al momento attuale la rappresaglia missilistica lanciata da Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti è stata a tutti gli effetti un’azione presa unilateralmente che si è tradotta nell’aggressione ad un paese sovrano sulla base di prove non ancora rese pubbliche. Il presidente Francese, riferendo pochi giorni fa in Parlamento, ha dichiarato che la questione Siriana “non ha nulla a che vedere con l’Iraq o la Libia, non abbiamo dichiarato guerra a nessuno e non siamo intervenuti dichiarando guerra” ma “è necessario difendere i nostri valori […] i raid sono stati mirati e non hanno causato vittime civili”

In risposta il Cremlino attraverso le parole della sua portavoce agli affari esteri ha chiesto al governo di Parigi di “smetterla di manipolare l’opinione pubblica interferendo nel lavoro delle organizzazioni internazionali” sottolineando che il ritardo subito dagli ispettori Opac è stato dovuto alle ultime sacche di resistenza di miliziani presenti nei sobborghi di Douma.

Fabrizio Tralongo