In un vecchio sketch della trasmissione “Ottavo nano” del 2001 si vede
Neri Marcoré che entra con altri personaggi vestiti tutti uguali, con una
valigetta in mano e un numero dietro la schiena. Rappresentano i
portavoce di Forza Italia, i quali vengono smistati nelle varie reti,
ripetendo ossessivamente “Comunisti, Comunisti, Comunisti”. Durante
l’intervista, Neri/Portavoce berlusconiano martella sempre con le stesse
frasi “Vi facciamo paura, per questo non ci fate parlare”, “Tanto la gente
da casa lo sa, tanto la gente lo capisce”, “E’ questa la sinistra è questa la
democrazia” interrompendo l’interlocutore (la Dandini meravigliosa
spalla), mentre cerca di accennare una domanda. “Tanto noi cambiamo
tutto” continua Neri/portavoce berlusconiano, ma il capolavoro è la frase
“Una legge che VOI non avete voluto, una legge che VOI non avete
votato”, buttata lì a casaccio e che rimarca quel “NOI” buoni e “VOI”
cattivi e indica in maniera precisa il nemico da abbattere. Il pezzo continua
con le fastidiose interruzioni per non far parlare l’interlocutore in un
crescendo molto divertente e ripetendo in maniera asfissiante sempre le
stesse frasi, ormai totalmente svuotate di significato.
Questo pezzo geniale mi è venuto in mente in questi giorni, mentre
leggevo e ascoltavo le dichiarazioni sulla situazione della Sea Watch ferma
davanti Siracusa. Una situazione orrenda, gestita senza umanità, con
arroganza e ignoranza da questo governo. Ma la cosa che mi colpisce e
che mi provoca una certa nausea è il ripetersi ossessivo delle frasi sempre
uguali da parte di chi difende questa politica ignobile. “Difendiamo i nostri
confini”, “Tutta l’Africa in Italia non c’entra”, “ Le ONG sono delinquenti
pagati dagli scafisti”, “Questi che dicono di scappare dalle guerre perché
hanno il cellulare di ultima generazione?”, “Preoccupatevi dei terremotati
italiani, invece di questi quattro delinquenti”, “Ci sono pensionati che
vivono al freddo e voi vi preoccupate di gente a torso nudo su una barca?
Ma non faceva freddo in Sicilia?”, “Sono Italiano e pago le tasse e questi
delinquenti spacciatori sfaccendati non li voglio mantenere!”, “Se questa è
gente che scappa dalla fame e dalla guerra!! Sono palestrati giovani e
vestiti bene!”, “Ci sono 5 milioni di poveri in Italia non ne parlate mai!!”. E
potrei continuare all’infinito con le battute, le inesattezze, le fandonie
tutte uguali ripetute insistentemente come parole d’ordine in tutte le reti
televisive e le dichiarazioni rilasciate. Queste frasi dette da ministri,
deputati ed esponenti politici vari, sono le stesse che si ritrovano in
moltissimi commenti che si leggono sui giornali, sui social o si sentono in
giro. Questo significa che la comunicazione più è scarna, semplice e
immediata, più funziona. Ce lo ha insegnato Berlusconi d’altronde, come
dimostra il pezzo di Neri Marcoré, che sembra quasi propedeutico a quello
che vediamo adesso (Se vogliamo dirla tutta ce lo ha insegnato qualcuno
che più di 80 anni fa aveva una certa dimestichezza con i balconi, le folle e
la mascella volitiva). Salvini c’era in quest’altro ventennio famoso
berlusconiano e ricorda tutto, ma anche Casaleggio sapeva bene che più
ripeti una bugia più quella diventa verità. Non c’è da fare molto sforzo,
basta darle la giusta cornice, un po’ di indignazione, corredarla con tanta
enfasi, mettere alla fine la promessa che arriveranno i “NOI” che ci
salveranno da “LORO”, il tutto raccontato con un linguaggio più semplice
​possibile. E non importa che dentro ci siano cose giuste o sbagliate,
mescolando spesso il vero con il falso, non importa se si raccontano dati
fuorvianti o assolutamente inventati. Se qualcuno porta prove a confutare
le bugie o inesattezze, si rimandano al mittente perché le hanno portate
“LORO” quindi sono inquinate dal sospetto che ci sia qualcosa di losco
dietro. Ma “NOI” non ci facciamo infinocchiare da “LORO”, per questo
“NOI” ci fidiamo solo di fatti che raccontano quelli che fanno parte del
“NOI”.
La semplificazione della propaganda sta tutta qui. Da sempre chi vuole
imporre un pensiero unico deve far sì che non ci sia il tempo per riflettere,
deve abbattere ogni complessità e ridurre i concetti a poche parole che
diventano quelle che si stamperanno nella mente delle persone e che
ripetute a ciclo continuo diventano coscienza collettiva. La complessità
viene vista come il nemico della realtà e delle persone vere, quelle che
vivono i problemi quotidiani e che non hanno tempo di pensare perché
hanno altro da fare, devono lavorare, devono sopravvivere ai poteri forti,
in una battaglia contro nemici ovunque, in perenne guerriglia, in perenne
guardarsi le spalle (Grillo urlava sempre “Siamo in Guerra!!!” ricordate?).
La soluzione? Sembra quasi un paradosso ma non è semplice. Perché
quando un problema diventa culturale e sociale e intacca le strutture
fondanti di un paese, ci vogliono decenni prima di risolvere la situazione.
Però basterebbe iniziare con una decente opera di mediazione fatta da chi
il mestiere di informare e quindi documentarsi lo fa, cioè i giornalisti. Che
dovrebbero ritornare a quello che è la base del mestiere cioè le fonti.
Siamo talmente iperinformati che alcuni giornalisti hanno perso la
capacità di verificare i fatti, rimandando le notizie così come sono. Il
problema delle fake news non riguarda solo internet, i dati dicono che
ancora la maggioranza della popolazione si informa attraverso i
programmi televisivi e in questi anni molto hanno fatto quelle trasmissioni
e quei giornali diventate grancassa di tutte le boiate sull’immigrazione per
esempio, con notizie morbose e urla di folle organizzate.
Antonella Camalleri
(fonte immagine web)