«Una sentenza illogica»: sono le parole di Carla, sorella del giornalista e sociologo Mauro Rostagno, che ha così commentato la decisione dei giudici del processo d’appello per l’omicidio di suo fratello Mauro che hanno assolto Vito Mazzara. Secondo i giudici infatti non è lui il killer. Al contrario, i giudici hanno confermato oggi durante il processo l’ergastolo per Vincenzo Virga, mandante dell’omicidio. Una sentenza che ribalta quella di primo grado.

L’omicidio del giornalista avviene a Lenzi, nel trapanese, la sera del 26 settembre 1988. È qui, dopo aver viaggiato per l’Italia e all’estero, che decide di trasferirsi con la compagna Chicca: in Sicilia. Qui fonda la comunità Saman, una comunità terapeutica per il recupero dei tossicodipendenti e degli alcolizzati.

È a Lenzi che inizia a realizzare il sogno di fare il giornalista. Lo fa in una tv privata: Rtc. Mauro inizia a parlare nei suoi tg di mafia, mafiosi, di affari e anche dei problemi della gente comune. Lo fa sino alla sera del 26 settembre del 1988 quando, lasciata la redazione insieme all’assistente Monica Serra, sale in auto, la sua Duna e fa la solita strada per raggiungere la comunità Saman. In un viadotto, rallenta, ed è qui che il killer lo uccide con un fucile a pompa calibro 12 e una pistola calibro 38. La giovane con Rostagno rimane illesa.

Il processo d’appello è cominciato a Palermo il 13 maggio 2016. Oggi la sentenza che ha assolto Mazzara. «E’ stata dura – dice l’avvocato Vito Galluffo, che ha difeso Mazzara con il figlio Salvatore – ma abbiamo azzerato i risultati farlocchi dell’esame del Dna che in primo grado avevano inchiodato Mazzara». Mauro era nato a Torino il 6 marzo del 1942 ed era figlio di dipendenti della Fiat. Si era sposato giovanissimo, a soli 19 anni, e dal matrimonio con la ex moglie è nata sua figlia Maddalena.

Serena Marotta