“L’azzurro illuminava i Quattro Canti, come spesso a Palermo succede. Davanti piazza Pretoria due carrozze in sosta…”

I sedili neri, nera la galoche. Due cavalli sonnecchianti mangiano per inerzia la biada contenuta nel sacchetto di rafia, appeso al loro collo.

Un’immagine ferma: ferme le carrozze, i cavalli di cui s’intravede appena il respiro; ferme le statue, distratte anch’esse, immerse nei loro pensieri. Costrette all’immobilità dietro una grata.

Un’immagine vuota.

Ma il vuoto è pieno.

E il pieno è vuoto.

I sedili delle carrozze sono piene delle ombre di coloro che lì si sono seduti. Che dalle carrozze sono scesi per incontrarsi, e per dichiararsi il loro amore semplicemente con i loro sguardi. E che poi sono tornati alle loro vite, in apparenza distanti, l’uno dall’altra. Ma vicini sempre, in un dialogo senza sosta, in apparenza fatto di assenze. Ma di presenze incessanti nella mente.

E il pieno è vuoto: accanto alla carrozza, camminano l’uno accanto all’altra, persone che non hanno più niente da dirsi. Camminano per inerzia, senza sapere il perché, spezzando il silenzio con frasi fatte, domande poste senza aspettare risposte. E dialoghi con se stessi, o con chi non è accanto a loro, in un continuo dipanarsi della vita in un cerchio di infelicità: nel continuo desiderio di ciò che non si ha e che mai si potrà avere. In un bovarismo senza fine, fine solo a se stesso.

E in tutto questo movimento verso aneliti inesausti, speranze disilluse; in questo caotico girovagare verso un altrove che non esiste, resta fermo l’azzurro: quello del cielo, che attraversa il nero della galoche, e riempie i sedili.  Circonda le statue in un abbraccio caldo, come quello del sole, che illumina Piazza Pretoria, e scioglie il nero dell’asfalto, fino a farlo lucente: come le scaglie che sparpaglia sul mare, con i suoi raggi. E che i tuoi occhi raccolgono, portandole a me.

Ornella Mallo

fonte immagine: web