“L’uomo che piantava gli alberi” è la storia di un amore ostinato per la vita e la condizione umana, che dev’essere di serenità, di pace, lontana da guerre disumane e disumanizzanti.

Una storia di speranza realizzabile, di resurrezione. La metafora di “Lazzaro che esce dalla tomba”, di cui parla Giono, si riferisce non solo al posto, che risorge dopo una desertificazione, ma anche al protagonista, Ezeard Bouffier, che trova “un bel modo di essere felici”, dopo che la vita lo aveva privato impietosamente dei suoi affetti più importanti, la moglie ed il figlio.

Piantando silenziosamente 100 ghiande al giorno, selezionate meticolosamente una ad una, riportava la vita in una landa scheletrita, interrotta solo da pochi villaggi, i cui abitanti sono aridi e perennemente in conflitto.

Con uno strumento tanto pacifico quanto efficace, un pastore innesca una “trasformazione tanto lenta da diventare un’abitudine senza provocare stupore”, in modo da non suscitare ostilità.

Riesce a rendere quella regione amena, piena di vita: nascono villaggi abitati da giovani felici, ricominciano a scorrere corsi d’acqua; querce, betulle, anche tigli, simboli delle Resurrezione, la popolano copiosi. Bouffier ignora volutamente le guerre bestiali, che nel frattempo si combattono, lontano da quel paradiso. L’esperienza della prima guerra mondiale aveva fatto di Giono un pacifista. E si riflette in questo racconto dallo stile essenziale, di immensa profondità.

Scrive: “Quando penso che un uomo solo, ridotto alle proprie semplici risorse fisiche e morali, è bastato a fare uscire dal deserto quel paese di Canaan, trovo che la condizione umana, dopo tutto, sia ammirevole”.

Mi piace accostare a questa citazione la strofa di un poeta contemporaneo di Giono, Nazim Hikmet, il quale credeva nella bontà dell’uomo, e in una vita che ha senso solo se vissuta per gli altri. Scrive Hikmet, proprio a proposito dell’utilità del piantare alberi:

“Prendila (la vita) sul serio

ma sul serio al punto

che a settant’anni,

ad esempio, pianterai degli ulivi

non perché restino ai tuoi figli,

ma perché non crederai alla morte,

pur temendola,

e la vita peserà di più sulla bilancia”.

Ornella Mallo

 

fonte immagine: web