A cura di Fabrizio Tralongo

 

Il 10 aprile 2014 il cacciatorpediniere USS Donald Cook arrivò nel Mar Nero e il 12 aprile venne sorvolato più volte da un cacciabombardiere russo Su-24; provocando le ire e le proteste del Pentagono. L’USS Donald Cook è un cacciatorpediniere lanciamissili di quarta generazione il cui armamento principale è rappresentato dal missile da crociera Tomahawk con una portata massima di 2500 km e in grado di trasportare testate nucleari. Dotato dell’ultima versione del sistema da combattimento AEGIS, un sistema di Data-Link in grado di collegare la difesa missilistica di tutte le navi su cui è installato creando una grande rete che garantisce contemporaneamente rilevazione, tracciamento e distruzione di decine di obiettivi, il cacciatorpediniere USA monta 4 enormi radar la cui potenza è paragonabile a quella di diverse stazioni.

Tuttavia, il Su-24 russo che ha spavaldamente sorvolato l’USS Donald Cook non era armato con alcun tipo di arma, ma solo con una gondola montata sotto la fusoliera che, secondo la pubblicazione russa Rossijskaja Gazeta , conteneva un sistema da guerra elettronica russo chiamato Khibinij. Quando l’aereo russo si è portato alla giusta distanza, il dispositivo da guerra elettronica avrebbe disattivato i radar e tutti i circuiti di controllo, sistemi di trasmissione ed informazioni a bordo del cacciatorpediniere statunitense. In altre parole,  il sofisticato sistema Aegis, oggi integrato o in via d’installazione nei più moderni sistemi di difesa delle navi della NATO, fu semplicemente spento con “una facilità impressionante”, stando alle dichiarazioni del comando russo. Il Su-24 russo avrebbe poi simulato un attacco missilistico sull’USS Donald Cook, ormai reso sordo e cieco.

Tutto ciò accadeva nel 2014, e come nel 2014, appena due giorni fa lo stesso incrociatore con lo stesso equipaggio è stato sorvolato più volte , e a bassa quota, da un altro SU-24 dell’aviazione russa mentre navigava verso la Siria. Se nuovamente i sistemi a bordo della nave siano stati disturbati non è stato reso noto e nessuna delle due parti ha rilasciato dichiarazioni in merito. Ciò che conta, però, è la dimensione nella quale si colloca la nuova scaramuccia fra l’aviazione della Federazione Russa e la US Navy . La guerra civile siriana ha da tempo assunto una dimensione internazionale in cui diversi attori statali muovono le loro pedine e fanno le loro mosse: droni sguinzagliati alla ricerca di informazioni, fotografie satellitari, aerei spia sorpresi a violare diversi spazi aerei sono soltanto alcuni degli strumenti utilizzati in un conflitto indiretto in cui le due grandi potenze militari cercano di attuare e consolidare i propri obiettivi strategici. Ad uno schieramento composto da Russia, Iran e regime di Damasco, che come obiettivo si pone la preservazione dello status quo in Siria al fine di ottenere una riduzione della presenza occidentale in Medio Oriente, si contrappone il fronte dei paesi che da anni spingono per il famoso Regime Change per lo scacchiere siriano (applicato già in Iraq nel 2003) ovvero:  Stati Uniti, Israele, Francia e Gran Bretagna (a cui potenzialmente vanno aggiunti i rispettivi partner europei) determinati nel contenere l’influenza russa nel Mediterraneo ed arginare il soft power dell’Iran.

Questi piccoli “incidenti” militari non sono altro che flebili prove di forza atte a verificare la postura dell’ avversario in un settore in cui nessuna dei due maggiori contendenti intende finire “impantanato” soprattutto dopo le rispettive esperienze maturate in Vietnam e Afghanistan.

Alla polveriera si aggiunge l’incresciosa questione delle armi chimiche del cui utilizzo, a più riprese, è stato sospettato il presidente Assad che potrebbe rappresentare il proverbiale (e più credibile) casus belli per l’inizio dell’escalation. Sabato scorso sono morti circa 100 civili nella città di Duma, nel Ghouta orientale, a causa di un possibile attacco chimico che ha portato ad un turbinìo di accuse e rimpalli di responsabilità fra statunitensi e russi, con Mosca intenta a declinare ogni coinvolgimento ed il presidente USA Donald Trump che ha accusato il presidente siriano di essere un “animale” promettendo  “decisioni importanti nelle prossime 24-48 ore” senza tuttavia presentare alcuna prova sul reale utilizzo, tanto da parte di Mosca quanto da parte di Damasco, di armi bandite dalla convenzione di Ginevra.

La Federazione Russa ha posto il veto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite un giorno fa in merito ad una risoluzione degli Stati Uniti che chiedeva l’invio di investigatori nella città di Duma per indagare sul presunto uso di armi chimiche. Mosca ha invece chiesto un’ispezione dell’OPAC (Organizzazione Proibizione Armi Chimiche) mettendo a disposizione il sostegno delle proprie forze militari nella regione e precisando, attraverso il proprio ambasciatore al palazzo di vetro, che nessuno dei residenti di Duma ha confermato di attacchi con armi chimiche e in nessuno degli ospedali che hanno accolto i feriti sono presenti referti che attestino ricoveri causati da armi illegali.

Il recente invio dell’incrociatore Donald Cook potrebbe essere l’ “importante decisione” annunciata dalla Casa Bianca. A questo punto le opzioni in mano agli Stati Uniti possono essere: una nuova rappresaglia lanciata da navi militari con missili Cruise contro istallazioni Siriane (rappresaglia già attuata in precedenza) o massiccia campagna aerea di bombardamento verso reti ferroviarie, porti e infrastrutture militari vitali per l’esercito di Assad. In ogni caso l’apprensione resta grande data la presenza di militari russi nella zona, con la Russia che ha già annunciato “rappresaglie uguali e simmetriche” per ogni attacco mosso verso i propri militari e interferenze verso i propri alleati.