Di Giandiego Marigo

Un’operaia di 66 anni è morta, di sabato pomeriggio alla COPAP di Monticelli d’Ongina nel Piacentino: Giuseppina Marcinnò. Mentre puliva un nastro trasportatore è finita sotto ad una pressa. Non è la prima a morire lavorando a più di 60 anni, non sarà l’ultima, purtroppo.

Le morti sul lavoro sono un massacro continuo, silente. Un genocidio protetto dalla legge. A più di 60 anni essi diventano una grottesca mostruosità. In un paese dove la polpetta avvelenata del Capitalismo rampante e globalizzato viene garantita e protetta persino dalla pseudo-sinistra, dove si parla tranquillamente di portare l’età pensionabile a 70 anni.

Così mentre in Francia (Europa E.U+.) si difende strenuamente il diritto ad una pensione equa a 62 anni, qui da noi un silenzio connivente ed arrendevole permette morti grottesche ad un’età sinceramente sconcertante e non è la prima e lo ripeto, non sarà l’ultima.

Una morte sul lavoro è sempre assurda, ingiusta e deprecabile ma superati i 65 anni diventa grottesca, tragica ed attrae l’attenzione, anche distratta, sulla tematica.

Quanto silenzio colpevole sulle morti sul lavoro … più di una al giorno … un massacro.

Chiacchiere infinite sulla sicurezza, corsi ottimamente remunerati, vantaggiosi ed utili solo per chi li tiene ed organizza, leggi e leggine che nessuno pare voler applicare … e gli operai continuano a morire per un pezzo di pane, mentre altri si arricchiscono sul loro lavoro.

È ancora così nonostante le mille ed una facezia sulla classe operaia che scompare e sull’industria 4.0 ed il silenzio della politica accoglie le loro bare. Nessun funerale di stato per un operaio che muore, nessun discorso … nessuna citazione.

Ed anche se morisse un giorno prima di andare in pensione dopo aver piegato la schiena per più di quarant’anni … nessuno ne parlerebbe se non qualche folle ed inutile scribacchino.

Siamo qui con la nostra solidarietà fra le mani e la penna in mano, ma a che serve? Moriranno meno operai domani? Cambierà il sistema dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo. La morte di una donna di 66 anni morta di sabato sul lavoro ci dà il senso di un’impotenza, di una ineluttabilità immanente. Di un capitalismo padrone e tiranno … senza pietà, senza rispetto … senza considerazione alcuna per l’umanità, per la vita.

Ed è folle pensare che , magari, domani proprio coloro che oggi guardano Giuseppina, operaia di 66 anni, morire con assoluta indifferenza difenderanno la vita, di un embrione o di un morto cerebralmente tenuto in vita dalle macchine, di un finale che preferisce morire senza dolore … urlando e sbraitando del diritto alla vita e dell’immanenza del divino sul destino dell’essere umano.

(fonte immagine:web)