Si è spento così, nella sua amata Santiago de Cuba,  una delle figure chiave del secolo scorso,  Fidel Castro, un uomo la cui dipartita sancisce la fine di un’epoca.

Con una Cuba ancora in pieno lutto nazionale, è impossibile non chiedersi cosa ne sarà adesso della piccola nazione caraibica, della sua revoluciòn e dei suoi rapporti col resto del continente. La morte del Lider Maximo simboleggia la fine di un’era, che per certi versi sembrava già chiusa con l’apertura, da parte dell’amministrazione Obama, verso la piccola isola. Apertura mediata da Papa Francesco, che nel 2015 ha prodotto la ripresa dell’attività delle rispettive ambasciate e il ristabilirsi dei primi, timidi, rapporti diplomatici.

Cuba, dopo la famosa crisi dei missili del ’62 e il conseguente embargo commerciale, si è sempre trovata nella spiacevole situazione di dover dipendere da nazioni straniere per poter garantire alla popolazione l’ottimo sistema sanitario e scolastico tanto vantato dai media isolani. Il primo importante partner fù l’Unione Sovietica che, di anno in anno, rifornì l’isola di beni di prima necessità, macchinari industriali, derrate alimentari, medicine e apparecchiature per uso chirurgico. Il collasso del colosso comunista nel 1991 aprì a Cuba un decennio di incertezza in cui la mancanza dei rifornimenti sovietici, unita all’embargo statunitense, stressarono non poco il sistema di welfare realizzato sull’isola.

fidel-2Un momento di ripresa si è avuto con l’appoggio alla rivoluzione bolivariana di Hugo Chavez dove Cuba, in cambio di un appoggio ideologico, logistico e di intelligence, otteneva l’accesso al petrolio del Venezuela a tariffe agevolate. Il crollo del prezzo del greggio e la scomparsa di Chavez, hanno lacerato il tessuto sociale venezuelano, spingendo il paese in una crisi economico-politca che ha reso sempre più  rari ed esigui i sussidi verso Cuba.

Bisogna interrogarsi sulle relazioni diplomatiche che avranno venezuelani e cubani negli anni a venire perchè il presidente Venezuelano Maduro, pur volendo mantenere una certa continuità di intenti verso l’isola, non gode né della maggioranza politica, né della stabilità sul fronte interno, per poter assicurare ai cubani costanti sussidi negli anni a venire.

In questo contesto la piccola isola caraibica, perdendo i rapporti con l’alleato venezuelano, perde anche la centralità geopolitica che aveva avuto in America latina fino al 2013. A ciò si aggiunge l’incognita rappresentata dal cambio di vertice nell’amministrazione USA con Donald Trump e  la sua squadra di governo a maggioranza repubblicana e fortemente conservatrice che, con tutta probabilità, non proseguirà lungo il solco del dialogo tracciato dall’uscente amministrazione democratica.

E l’incognita per il prossimo futuro, paradossalmente,  è anche lo stesso fronte interno cubano del presidente Raul Castro, fratello di Fidel, che detiene il potere de facto sin dal 2006 e che ha dimostrato di avere una visione del comunismo certamente meno ortodossa rispetto al fratello, introducendo riforme economiche che aprivano l’economia cubana al mondo (ma soprattutto ai capitali statunitensi). A lui toccherà il doppio compito di riformare l’apparato socio economico senza tradire del tutto i principi della rivoluzione, pur mantenendo l’indiscussa leadership del partito. Di certo Raul, da adesso, avrà maggiore spazio di manovra senza l’ “ingombrante” figura di Fidel che, malgrado si fosse ritirato ufficialmente già da alcuni anni dalla vita politica, continuava a influenzarla da dietro le quinte.

fidel_castro-3Appare chiaro come sia  impossibile ritenere che  l’esperimento comunista cubano possa trovare la sua fine con la morte di Fidel Castro, soprattutto perché i progressi sanitari, assistenzialistici e scolastici del welfare cubano sono un modello da imitare tutt’oggi per molti paesi dell’America latina che, pur potendo vantare determinate libertà individuali e forme politiche democratiche, vedono come un miraggio la creazione di uno stato sociale funzionante. Probabilmente, con la guida di Raul si assisterà a una progressiva “vietnamizzazione” dell’isola, in cui potranno coesistere elementi tipici dell’economia di mercato, organizzati e guidati dall’iniziativa statale, e l’ introduzione di alcune libertà per il popolo cubano, ma senza che venga messa in discussione la leadership del partito comunista.

Di certo nuove sfide, interne ed esterne, attendono il presidente Raul che dovrà fare i conti con un probabile inasprirsi dei rapporti con gli USA, con l’incognita rappresentata dal sud America (soprattutto dal Venezuela) e con la pesante eredità della figura leggendaria di Fidel Castro.

Di certo, qualsiasi progetto voglia attuare, dovrà farlo col beneplacito di chi detiene il vero potere a Cuba: le forze armate.

Fabrizio Tralongo