Con un esito per certi versi scontato, i sostenitori del no hanno salutato, lo scorso 4 Dicembre, una vittoria di misura sulla proposta avanzata dal premier Renzi di apportare sostanziali modifiche alla costituzione. La vittoria del No, oltre all’ovvio smacco per una parte del PD, potrebbe però avere serie ripercussioni per tutta la zona Euro.
Sarebbe errato ritenere il concluso referendum come una faccenda di esclusivo appannaggio italiano; in ballo, come è facile notare, c’è stato molto di più. La scelta compiuta dagli italiani non verteva soltanto sulla carta costituzionale oppure, come è stato per molti, su un giudizio di fiducia circa i tre anni di operato politico del governo Renzi. Ha, invece, costituito un’aperto voto di protesta verso le politiche di Bruxelles, con cui viene identificata un’Unione Europea percepita troppo distante, troppo farraginosa, troppo iniqua ed eccessivamente disunita.

Per la verità, bisogna riconoscere che una buona dose di generalizzato malcontento ha attraversato molti stati membri dell’unione sin dai tempi del famoso bluff del 5 Luglio 2015 del greco Tsipras che, nel suo fallimentare braccio di ferro con l’Unione, sperava di ottenere la giusta leggittimazione popolare per poter rinegoziare le clausole contrattuali finalizzate a sbloccare i nuovi aiuti finanziari di cui la Grecia aveva disperato bisogno. Inevitabilmente, appena una settimana dopo, arrivò la capitolazione di Atene.

Ma il voto greco costituì soltanto l’incipit (e, per certi versi, un’ottima chiave di lettura) di tutti gli eterogenei movimenti che a oggi si identificano nel fronte degli euro scettici. Il 16 Giugno 2016, appena un anno dopo, sarà l’Inghilterra a esprimersi in modo negativo sull’appartenenza all’UE. L’ex premier Cameron, sulla falsa riga di Tsipras, ma con profonde differenze sulle finalità, tenta di ottenere la leggittimazione attraverso lo strumento referendario. Inaspettatamente, contro quasi ogni pronostico, il popolo inglese, almeno la parte residente  nelle zone rurali, esprime la netta intenzione di sottrarsi ai vincoli dell’Unione Europea, tacciata di aver soffocato l’economia britannica e di aver permesso a tanti, troppi, migranti dell’euro zona di abusare del sistema assistenzialistico, messo al servizio da Londra, per i cittadini comunitari.

Il nuovo governo di Teresa May, figlio diretto del voto di protesta inglese, ha annunciato la ferrea volontà di negoziare le più vantaggiose condizioni di uscita per il paese anglofono dall’UE. Il contenzioso è tutt’ora in corso e non si risolverà prima dei prossimi due anni. Come un effetto domino, i venti di populismo e xenofobia hanno trovato nuovo vigore per imperversare sul continente,  solcando l’onda del voto inglese.
L’estrema destra francese di Marine Le Penn, ha aumentato di molto il proprio consenso, soprattutto nella Francia settentrionale, sfruttando a proprio vantaggio la disomogeneità dell’Unione in materia di migranti, lo smacco incassato da Bruxelles nella gestione della crisi ucraina e le impopolari sanzioni alla Russia che hanno danneggiato più gli stati europei esportatori che non la stessa Mosca. Per inciso, col prezzo del greggio di nuovo in rialzo, la Russia viene intaccata solo marginalmente dalle sanzioni.
Matteo Salvini

Matteo Salvini

In Italia, la Lega Nord capitanata da Matteo Salvini, in perfetta convergenza di intenti e con la medesima retorica del Front National della Le Penn, è riuscita a imporsi come uno dei maggiori poli di opposizione al governo, cavalcando anch’essa l’ondata populista e anti europeista che sferza sull’Europa, peraltro sfruttando utilitaristicamente le istanze dei ceti sociali più impoveriti che non riescono ancora oggi a riprendersi dopo la crisi del 2008, trovando  un valido alleato, almeno sul fronte dell’euro scetticismo, nel Movimento Cinque Stelle.

Situazione simile è riscontrabile nei paesi dell’est europeo che, se da una parte sono ben lieti di far parte del blocco militare NATO in funzione anti russa, dall’altra mal sopportano le politiche  europee sulla redistribuzione dei migranti nord africani e medio orientali. A complicare il quadro generale ha contribuito anche l’elezione di Donald Trump nei lontani, soltanto geograficamente, Stati Uniti che con la sua retorica anti-establishment è riuscito a ottenere una vittoria che pareva irraggiungibile.
Trump, durante tutta la campagna elettorale, si è sempre mostrato scettico nei confronti dell’Unione Europea e soprattutto della NATO, a cui vorrebbe sottrarre il supporto economico e militare soprattutto nell’ottica di distendere i rapporti con la federazione russa, precipitati con la crisi siriana. Mossa che, di contro, si tradurrebbe in un ennesimo smacco per Bruxelles, dato che la retorica anti russa è stata una delle poche cose su cui tutti gli stati membri si sono sempre trovati in accordo.
Il referendum del 4 Dicembre, quindi, tradiva più di un semplice quesito sulla costituzione o sulla fiducia a un governo, costituendo una spia importante circa la volontà di un paese di allinearsi o meno alle politiche dell’UE; un paese fondatore della stessa unione, la cui economia rappresenta  il terzo tassello più importante del mosaico.
renzi-e-mattarellaBisogna attendere la prossima mossa del governo, cosa farà Renzi dopo l’invito di Mattarella a posticipare le dimissioni almeno fino all’approvazione della nuova legge elettorale, che posizione assumeranno le forze di opposizione nei confronti dell’Unione Europea e se, nell’eventualità, riusciranno a creare un fronte compatto con istanze comuni.
Sorvegliata speciale diventa anche la Francia, dopo l’annuncio dell’attuale presidente socialista ed europeista, Hollande, di non volersi ricandidare alle prossime elezioni; un’alternativa potrebbe costituirla l’appena dimissionario primo ministro Manuel Valls (in assoluta linea di continuità con l’uscente Hollande), che ha manifestato aperta volontà di correre per l’Eliseo.   Non è, però, da escludere un’ulteriore avanzata del Front National che, se non ancora in grado di vincere le elezioni, potrebbe costituire una grossa voce anti europeista all’interno del governo francese.
Nel frattempo, Bruxelles tira un sospiro di sollievo accogliendo l’inaspettata (visto il trend del momento) vittoria del verde Froin, che ha ottenuto una vittoria nei confronti del rivale utra nazionalista ed euro scettico, Norbert Hofer.
Fabrizio Tralongo