Si sta consumando a Roma nel vuoto della discussione e con l’abuso perpetrato della fiducia nell’agone parlamentare un, non purtroppo ultimo, attentato ulteriore alla democrazia formale.

Formale ripeto, perché quella sostanziale non è stata forse mai realizzata nel nostro paese con la costituzione più bella del mondo sempre irrisa e vituperata, sempre, praticamente dal giorno dopo la sua pubblicazione. È un attentato che si realizza su vari piani, come ormai da tempo si verifica in Italia. L’uno quello parlamentare dell’assenza totale della politica e del ruolo del parlamento stesso. Dell’abuso e dello sperpero di un ruolo istituzionale, fondamentale, ma frainteso solo pretesto per l’accumulo di occasioni e denaro o peggio come esercizio di potere.

L’altra nella piazza antistante all’insegna del populismo e della massificazione generalizzante. A più voci, a più marce, a più urli e sbraiti.

Un’altro dato, purtroppo rilevante, è quello di una “sinistra” vagamente e debolmente presente, confusa, poco o nulla incisiva, arroccata al Pantheon che deve accontentarsi del lamento e della condanna morale.

Sinistra o meglio, quel che rimane di quella che chiamammo sinistra che per debolezza endemica, vaghezza, frantumazione, incapacità di fare rete, scarsa chiarezza nella visione, ancora una volta risulta fra i pervenuti a stento.

Una forzatura del governo, quasi sicuramente firmata, implementata e voluta da Renzi, questa fiducia che toglie in modo sin troppo evidente, ma questo delitto è già stato consumato, gli ultimi rimasugli di credibilità e di potere legislativo ad un parlamento di nominati e di “burattini da segreterie”.

Ricordandoci come le decisioni nel nostro paese vengano prese in altri luoghi che non l’emiciclo del parlamento (lo scrivo minuscolo per mancanza di rispetto).

La piazza poi con le sue urla “Il vero Parlamento è fuori” sancisce la morte della democrazia parlamentare, ma non propone altro che non una sommaria giustizia da giacobini senza cambiamento, senza critica reale al sistema, senza politica, un pragmatismo sciocco e vuoto e Robespierre preparò solamente l’avvento di Napoleone.

Un “Grande Nulla” in complesso che si rigira attorno alla realtà di una sempre più evidente dominazione elitaria.

Non sono parole da complottista o constatazioni da “ingenuo della politica” ma la verifica di una realtà.

Le tensioni, i malcontenti, l3e grandi decisioni dell’Economia … il potere bancario comunque i movimenti che oggi si verificano sul continente intero sono, appunto di portata continentale ed hanno il loro centro di potere reale nei palazzi della UE e della BCE, dove la politica ormai prende le sue decisioni reali (neanche li in parlamento però).

Persino le tensioni localistiche come l’indipendentismo catalano, per esempio, sono leggibili in questa chiave … e così vanno letti.

L’assenza, sconfortante di una reale alternativa di sistema, questo rimpallo doloroso fra corrotti e moralizzatori della “normalità capitalistica” questo inganno formale sta facendo a pezzi quello che rimane di una democrazia, come ho detto all’inizio, per altro solo formale.

I contenuti del Rosatellum non possono essere che la conseguenza di questo sistema, quindi orrendi, strumentali e mistificatori. Una trappola per boccaloni elettorali, ma d’altra parte cosa sono state le ultime elezioni se non una degenerazione di questa realtà.

Utilitarismi elettoralistici, spesso incostituzionali, adatti però al gioco che si sta consumando in questo momento nel Risiko PD-M5S-Centro Destra (di Centro sinistra non parlo perchè non c’è) in un bipolarismo farlocco (infatti lo giocano in molti più di due … per esempio) che ha fatto tutto il male possibile ed anche peggio alle ceneri di una rappresentatività liberal-opportunistica. Riducendola a scontro fra tifoserie, con pericolosissime inserzioni di fanatismo e mitizzazione del Leader ( non importa chi sia basta che sia sul palco e si dei nostri) dove la democrazia parlamentare e rappresentativa fanno una misera fine sconfinando e morendo sepolte da una risata sinistra, da clown spaventoso.

Editoriale di Giandiego

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