Venti milioni di italiani hanno sperimentato le liste d’attesa per poter accedere a prestazioni specialistiche o ai ricoveri in ospedale. In termini di percentuale si può dire che si tratta del 38,7 per cento della popolazione adulta. È un fenomeno così ampio che può essere definito “esperienza sociale allargata”. È quanto emerge dal 16° rapporto annuale “Ospedali & salute 2018”, che è stato presentato mercoledì 16 gennaio in Senato, promosso dall’Associazione Italiana Ospedalità Privata (AIOP), che è stato realizzato dalla società Ermeneia – Studi & Strategie di Sistema.

Il rapporto, che ha analizzato l’andamento del sistema ospedaliero italiano, ha registrato, in particolare, due aspetti: quello degli utenti, in merito alla domanda di prestazioni sanitarie e della qualità di assistenza, e l’altro aspetto, cioè quello delle strutture sanitarie che devono organizzarsi per rispondere alla domanda dei cittadini, in modo efficace. Si tratta di una domanda di salute che aumenta e si diversifica.

Riguardo le liste d’attesa quelle più lunghe arrivano a toccare oltre 60 e sino ai 120 giorni e hanno interessato in particolare «il 35,6% degli utenti per le visite specialistiche, il 31,1% per i piccoli interventi ambulatoriali, il 22,7% per gli accertamenti diagnostici e il 15% per i ricoveri in ospedale pubblico per interventi più gravi», come si legge sul rapporto.

E ancora: l’accesso a visite specialistiche, accertamenti diagnostici e ricoveri hanno riguardato rispettivamente il 22,6%, 20% e 18,3% degli utenti, che hanno registrato attese tra i 30 e i 60 giorni.

Una situazione che rileva una inefficienza del Servizio sanitario nazionale proprio perché le liste d’attesa  provocano ansie e disagi ai pazienti e alle loro famiglie ma, soprattutto, perché sono la prima causa di rinuncia alle cure (51,7%, +4,1 punti rispetto al 2017). Di conseguenza questa situazione concorre ad alimentare la spesa out-of-pocket e la mobilità sanitaria. Ciò aumenta in modo ulteriore le disuguaglianze tra le regioni. Sono tanti gli utenti che corrono ai ripari e che si rivolgono ad altre strutture, a pagare privatamente le prestazioni o a recarsi in ospedali in altre regioni.

In alternativa, come escamotage, gli utenti ricorrono ad un uso improprio del Pronto Soccorso. Questo gli permette di accedere più rapidamente alle cure. Oltre il 50 per cento degli italiani ricorre ai dipartimenti di emergenza se non trova una risposta dalla medicina territoriale e più di un caso su quattro ricorre al pronto Soccorso. Si tratta, in sintesi, di una soluzione per ridurre i tempi di accesso a visite, accertamenti diagnostici e ricoveri.

Serena Marotta