Ventisette anni tenuti nell’oblio del silenzio, senza potere dire nulla, aspettando continuamente notizie sulle proprie richieste di verità e giustizia. Sono 27 anni che questa famiglia chiede continuamente notizie in relazione allo stato dell’inchiesta sulla morte del loro figlio e della nuora incinta di qualche settimana.

Stiamo parlando della famiglia Agostino, quella famiglia che ha assistito in diretta all’uccisione dei propri familiari a opera di mafiosi e servizi deviati dello Stato. E pensare che, in tutto questo tempo, questa benedetta inchiesta è stata presa d’assalto da depistaggi di ogni proporzione, a cominciare da funzionari di polizia che hanno messo in giro la squallida illazione e calunnia nei confronti di Nino. Calunnia, illazione e anche offesa verso un collega che ha fatto solo il suo dovere, diventando attore in quella storia del fallito attentato all’Addaura al giudice Giovanni Falcone e agli ospiti elvetici che erano a casa sua.

Amorale illazione del più classico dei depistaggi: “Questa è una storia di donne”, hanno detto da subito. Come se sapessero di tresche amorose che il giovane Agostino avesse in atto, mentre invece mentivano, ben sapendo di mentire per coprire qualcuno che forse era intoccabile.

Faccia da Mostro

Faccia da Mostro

In ventisette anni di acqua sotto i ponti ne è passata tantissima, fino a logorare gli argini di qualsiasi fiume, fino a tentare di logorare la resistenza della famiglia Agostino. Non potendo arrivare al dunque dei depistaggi, hanno provato con il metodo del puntare il dito contro qualcuno, in modo tale da cadere in errore e delegittimare le richieste dei familiari dell’agente ucciso.

Hanno tentato con il segreto di Stato, facendo un buco nell’acqua e dando un assist agli Agostino nel continuare a chiedere verità e giustizia. E non hanno tenuto conto delle parole di Vincenzo, il padre di Nino, il quale ha sempre chiesto di ricercare il “collega del figlio” che lui chiama “faccia da mostro”. Non lo hanno mai fatto, oppure lo hanno fatto ma non hanno avuto il coraggio di chiamarlo dentro l’inchiesta.

Soltanto quando il gip ha rifiutato la richiesta di archiviazione da parte di quella Procura che sta combattendo contro la Trattativa Stato-Mafia e la richiesta di avocazione da parte del procuratore generale poi bocciata, dando il gip indicazioni ben precise su chi e cosa indagare, la procura palermitana si è decisa a convocare insieme “faccia da mostro” e Vincenzo Agostino. Confronto risolto con il riconoscimento, da parte di Vincenzo Agostino, di colui che venne a cercare il figlio a Villagrazia di Carini qualche giorno prima che venisse ucciso, qualificatosi come collega, accompagnato, a detta dello stesso padre di Nino, da un componente della famiglia Madonia, un boss di San Lorenzo.

Dopo il faccia a faccia, del caso Agostino non si è saputo più nulla. Sono passati altri otto mesi e il silenzio sembra sia la prassi giuridica di questa storia. Otto mesi in cui la Procura di Palermo e i giudici che hanno in mano il caso ancora non hanno fatto sapere nulla a una famiglia che da ventisette anni aspetta di sapere la verità sulla morte del figlio e della nuora in attesa del loro bimbo, chiedendo giustizia a pieni polmoni.

Oggi la famiglia Agostino, dopo una lettera mandata dal proprio avvocato alla Procura, chiede pubblicamente di processare “faccia da mostro”, a prescindere se è o non è un intoccabile. E lo chiede, gridandolo forte per come hanno sempre fatto. Senza paura e a testa alta.

Liborio Martorana