Sono etichettati come “soggetti senza fissa dimora”, gente che non ha un posto dove stare, persone  che troviamo sulle panchine, in giacigli di fortuna, dentro vecchie macchine abbandonate o sotto i portici di qualche palazzo. Li trovi in qualsiasi posto che dia la sensazione di un riparo per la notte e, a volte anche per il giorno. Sono gli ultimi, i diseredati, il peso morto di una città che riesce a essere veramente prodiga verso coloro che non hanno spesso neanche di che mangiare o di che curarsi.

Due settimane fa un uomo “senza fissa dimora” si addormentava per sempre su una panchina del Foro Italico, a Palermo, a due passi dalla movida e da quello che un tempo era posto di ritrovo dei palermitani di tutte le categorie sociali.  A un altro, pochi giorni dopo, capita lo stesso dalle parti di corso Tukory, proprio davanti a quella enclave che è l’Albergheria per il mercato a cielo aperto del riciclo e spesso anche del rubato. Q

Queste due persone, non è che hanno deciso  di punto in bianco di spegnere la propria esistenza volontariamente …, no, non lo hanno deciso, perché, dietro a uno di loro c’è un’esistenza di stenti, di malattie e spesso anche di non fiducia e di paura verso la città che lo ha accolto.

Sono due i casi in questione, quelli accaduti negli ultimi quindici giorni, il cui numero, se le amministrazioni comunali e regionali non prenderanno dei provvedimenti seri e realizzabili, potrebbe certamente aumentare. Il problema, però, non riguarda solo i migranti. C’è, infatti, una parte di città che conta diversi nuclei familiari senza casa per i più svariati motivi. Chi, di punto in bianco, ha perso il lavoro e non si può permettere un alloggio, piombando assieme a tutta la propria famiglia nella disperazione più totale, chi un alloggio non lo ha mai avuto e chi ha appena formato un nucleo familiare.

All’interno di queste categorie di cittadini senza diritti, alle quali si chiedono soltanto doveri, regna da tempo la rassegnazione e appare naturale che, di tanto in tanto, vengano occupate “abusivamente” le costruzioni che danno la parvenza di un riparo: scuole in disuso, vecchie fabbriche abbandonate, scantinati, ma anche e semplicemente la strada, una piazza, una vecchia macchina. Gente con alle spalle storie che non conosceremo mai e i cui, alla nostra bella città, non interessa, pronunciando al massimo un riposa in pace o pace all’anima sua. Una città che dilania i suoi figli più sfortunati, mal sopportandoli e guardandoli come un peso per la società.

Intanto, è da tempo che le associazioni, impegnate a dare un minimo di assistenza ai tanti “senza fissa dimora”, continuano incessantemente a porre all’attenzione del Comune e della Regione siciliana questo annoso problema, ma sembra proprio che alle istituzioni locali la questione sia qualcosa che non sanno gestire oppure non interessa proprio.

Liborio Martorana