Un’inchiesta che dura dal 2009 arriva al primo di ottobre dell’anno in corso e si trova con i termini investigativi scaduti. Il tutto da parte di una procura come quella palermitana, che non si capisce bene quello che in questi anni ha prodotto per portare a compimento l’inchiesta sul caso Agostino.

Sette anni durante i quali, la famiglia del poliziotto ucciso assieme alla giovane moglie incinta, ha fatto il sali e scendi dal palazzo di giustizia della città. Sette anni passati ad aspettare una risposta, un segnale, qualche parola che desse un senso a tutto il tempo trascorso, dal giorno dell’eccidio del 5 agosto 1989, avvenuto a Villagrazia di Carini.

Ida Castelluccio e Nino Agostino

Ida Castelluccio e Nino Agostino

Invece niente, solo pacche sulle spalle da parte dei magistrati che hanno in carico proprio questo caso. Pacche sulle spalle e mezze frasi, elargite come zuccherini accompagnati dalla fatidica frase: “Stiamo lavorando“. E in questi 7 anni, Vincenzo Agostino e la di lui consorte, Augusta Schiera, non hanno fatto altro che produrre suggerimenti e indicazioni per andare avanti nell’inchiesta, indicando alla Procura di Palermo e ai titolari del caso – quali i giudici Vittorio Teresi, Nino Di Matteo,  Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia – la pista dell’ormai ben noto “faccia da mostro”. però ricevendo risposte come quella di vedere troppi film gialli. Già… i film gialli.

La questione è che questa procura, già lo scorso anno, si era resa responsabile di una richiesta di archiviazione; una richiesta che il procuratore generale Roberto Scarpinato impugnò, chiedendo l’avocazione a sè dell’inchiesta e solo un’opposizione in Cassazione da parte del procuratore di Palermo, il dott. Lo Voi. Opposizione, tra l’altro, vinta, che consentì alla Procura il prosieguo delle indagini indicate dal gup, la dottoressa Maria Pino, nei confronti di Giovanni Aiello “faccia da mostro”, di Gaetano Scotto e Nino Madonia.

Nel febbraio del 2016, nell’aula bunker del carcere dell’Ucciardone, ecco dopo un rinvio il fatidico confronto tra Vincenzo Agostino e “faccia da mostro”, il poliziotto che alcuni giorni prima della mattanza carinese era andato a cercare Nino Agostino nella casa al mare che la famiglia aveva preso in affitto per l’estate in cui cadde quel maledetto agosto. Il confronto, svoltosi davanti a una miriade di persone fuori dall’aula, si risolse a favore di Vincenzo Agostino. il quale riconobbe la “faccia da mostro” di quei giorni.

Faccia da mostro

Faccia da mostro

A questo punto sinceramente non si capisce perché la procura di Palermo abbia aspettato fino a ora, senza comunicare niente alla famiglia rispetto alle ulteriori indagini.  I familiari dell’agente Agostino, inoltre, non riescono a capacitarsi del come mai tutto questo tempo senza ricevere alcuna risposta alle loro richieste.

Il 15 ottobre scorso era il giorno in cui la procura e i magistrati dell’inchiesta avrebbero dovuto comunicare agli Agostino la chiusura delle indagini e le sue conclusioni. Invece niente, neanche in questo giorno alcuna risposta valida e, come al solito, una pacca sulle spalle per cercare di rabbonire Vincenzo Agostino che, stanco di aspettare, ha dato mandato a Fabio Repici, suo avvocato di fiducia,  di richiedere al procuratore Scarpinato l’avocazione dell’inchiesta. Questo,  temendo un’altra richiesta di archiviazione da parte del pool che, oltre al caso di Nino, si interessa anche del processo sulla presunta  “trattativa tra stato e mafia“. Processo, quest’ultimo, che a livello mediatico porta tanta visibilità, ma che probabilmente si concluderà – se mai si arriverà a una sentenza – con un nulla di fatto, avendo sprecato tempo, denaro e risorse umane che sarebbero probabilmente potute essere impiegate per portare avanti il caso Agostino.

È veramente stanca la famiglia Agostino, quindi non si può pensare di sfiancarla con questo sali e scendi. Se la procura di Palermo ha le prove o le forze per istituire un processo ai danni di Aiello “faccia da mostro”, avvalendosi delle testimoniante dei vari pentiti che ne hanno parlato, vada avanti. Altrimenti, abbia almeno il coraggio di dire pubblicamente che in questa inchiesta ha fallito.

Liborio Martorana