“Facevamo l’amore. Non potevamo essere più vicini di così. Eppure eravamo lontanissimi, immersi come eravamo ciascuno nel proprio mondo, distanti, impenetrabili.”


Così dice il protagonista del film “Dolor y gloria”, Fernando Mallo, regista cinematografico che vive gli anni della piena maturità della propria vita isolato dal mondo, in piena crisi depressiva.
Fernando Mallo altri non è che lo stesso regista Almodovar, che sceglie come interprete un intenso Banderas.


E le tematiche affrontate nel film sono quelle del mondo di oggi: in primis la solitudine, in cui ciascun essere umano vive, chiuso in se stesso, poco incline all’ascolto e alla compenetrazione nell’altro, non disposto ad aprire se stesso e distante a sua volta emotivamente; in una società frenetica e consumistica, sempre più attenta alle esteriorità, piuttosto che alle profondità.


L’altro grande tema, alla solitudine strettamente connesso, è quello del dolore. Il dolore come condizione esistenziale dell’uomo di oggi. Nel regista, sono compresenti sia il dolore fisico, che scaturisce da una cagionevolezza della carne sia il dolore dell’anima, che lo porta ad un isolamento da un mondo in cui non si riconosce, e a crisi depressive, di ansia, fino a soffrire di veri e propri attacchi di panico.


E poi, un altro tema, anche questo di grande attualità e interconnesso: quello della dipendenza.
Dipendenza dalla droga, intanto: il regista fuma eroina per distrarsi dalla sofferenza in cui versa.
Dipendenza anche dal consenso altrui, dalla fama. Dagli altri.
Cerca allora di recuperare i rapporti che hanno segnato la sua vita. Va alla ricerca di un attore da cui si era allontanato, non trovando l’interpretazione che aveva dato, nel suo ultimo film “Sabor”, all’altezza delle sue aspettative.
Dal recupero del rapporto di intensa amicizia con questo attore, scaturirà il recupero del rapporto con il più grande amore della sua vita, la cui esistenza era pure segnata dalla dipendenza dalla droga. Un amore mai finito, anche se i due, dopo essersi reincontrati, decidono di prendere strade diverse.


Ecco quindi il tema dell’amore, che comunque è salvifico, nella vita.
L’amore per la madre, l’amore più puro e più vicino alla perfezione: i ricordi della madre balzano alla mente del regista nei momenti di flash dati dall’eroina.


Una madre che ha sempre creduto nell’intelligenza e nelle capacità del figlio, interpretata da una sensibile Penelope Cruz, in una delle sue più belle performance. Che non esita a lavorare duramente, pur di garantire un elevato grado di istruzione al figlio, che, grazie ai suoi sacrifici, diventerà appunto un regista cinematografico apprezzato, e un uomo di straordinaria cultura.


E poi, altro tema, quello del desiderio: il primo turbamento sessuale del regista, raccontato in modo assolutamente poetico. La poesia e il valore della scrittura permeano tutto il film. Il regista trova nella scrittura una valvola di sfogo al suo mal di vivere. Non solo: ma alla scrittura si appiglierà per la propria rinascita: scriverà il soggetto di un nuovo film, che ripercorrerà tutta la sua vita. E, grazie alla ripresa della carriera cinematografica, si divincolerà dal mostro della dipendenza dalla droga, e ritroverà se stesso e un nuovo senso alla propria vita.

Un film bellissimo, dunque, tra i più riusciti di Almodovar.
Un’intensa riflessione sul senso della vita e sull’amore, che poi è l’unica ancora di salvezza: amore per l’arte, per la scrittura; per la figura materna, che comunque ci accompagna sempre, anche quando non c’è più. Amore per l’Altro da noi.

Ornella Mallo

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