di Giandiego Marigo

Premetto, per correttezza, che  l’uso strumentale e ed ossessivo del discorso sulla Casta mi appare a tratti eccessivo ed anche un poco inutile oltre che “deviante” rispetto alle tematiche realmente fondamentali in questo paese. Nessuno qui vuole sostenere privatizzazioni totali della politica o negare il suo peso economico e la necessità che che lo Stato ne permetta e garantisca l’espressione più democratica e plurale possibile, libera dal ricatto dell’economia (come se già non fosse ampiamente ingerente nella politica odierna).

Detto questo devo però ammettere che la difesa “trasversale” e “ad oltranza” del privilegio assoluto, ereditario ed “intoccabile” del “vitalizio” dei politici mi appare, sinceramente, lontano dal paese reale, dalle sue condizioni oggettive. Frutto palese di un privilegio senza giustificazioni.

Lontanissimo dall’idea che , personalmente ho, della politica come forma di servizio sociale; che, va detto, non corrisponde, sicuramente, alla forma mentis più diffusa fra i “Politici made in Italy”.

I parallelismi che supportano questa mia opinione, che poi diventa, purtroppo, luogo comune, si sprecano. Dal confronto crudele con una pensione di un lavoratore che abbia dedicato dedicato 40 ai 45 anni al lavoro (soprattutto dopo l’invenzione del “metodo contributivo”), quando non addirittura a quella tragicamente indecente con una pensione sociale: inoltrandoci poi in un confronto con gli emolumenti del resto dell’Europa e del mondo sino al diritto “solo politico” al cumulo delle pensioni e degli stipendi. Vogliamo poi parlare dell’ereditarietà del vitalizio politico rispetto alla reversibilità di una pensione?

Forse alcuni discorsi della cosiddetta anti-politica sono fastidiosi ed eccessivamente ricorrenti, forse sono petulanti e limitati, ma senza alcun dubbio “isolano” un problema di abuso e privilegio reale.

La politica perde la faccia in modo trasversale in questo stolto gioco di autodifesa di un’ingiustizia. Si imprigiona da sola nella trappola del luogo comune della sfiducia, della retorica, dell’orrenda frase “Sono tutti uguali”.

Anche nel gioco strumentale del’auto-riduzione dell’emolumento, ridotta a strumentalità furbesca, poco limpida e non normata dalla legge e che, pur in questi limiti evidenti, tante defezioni e voltafaccia ha provocato in chi la pratica, quasi come unico “fiore all’occhiello”.

Per carità gesto encomiabile, ma non nuovo e spesso strumentale. A questo proposito ricordiamo Luigi Cipriani di Democrazia Proletaria che, negli anni 80/90 si autoridusse lo stipendio a quello di un impiegato della Pirelli, dove aveva lavorato per una vita, dedicando, in modo trasparente, il resto alla politica ed al finanziamento dei Movimenti.

Il gesto dell’autoriduzione però non tocca il vitalizio.

Il Vitalizio dei politici on è certo il fatto più rilevante di ingiustizia sociale presente in questa nazione, non è nemmeno una reale affrancatura dal sistema che sorregge il “modo capitalistico”, discuterne la riduzione, l’eliminazione o l’adeguamento ad un sistema pensionistico egualitario ed equao non è in sè rivoluzionario.

Sicuramente però colpisce uno dei comportamenti più offensivi, ingiusti e dicotomici che scavano l’abisso, sempre più profondo, fra politica e paese reale.

È grottesco che politici strapagati discutano della povertà, senza conoscerne i risvolti, legiferino sui diritti altrui avvolti nell’assoluto privilegio. Legiferino sulla giustizia dall’alto di una assoluta impunità

Se la politica facesse un passo indietro, seriamente, volontariamente e si avvicinasse allo spirito di servizio che dovrebbe (e qui il condizionale è d’obbligo) caratterizzarne le motivazioni reali, l’Anti-politica ed il populismo deteriore si ritroverebbero con la lance spuntate.

In questo senso alcuni contenuti di chi porta avanti questo discorso, da sempre, sono rilevanti e vanno ponderati. Senza nulla togliere all’importanza della partecipazione e senza populismi da Masaniello improvvisati, ma mettendo in discussione il significato reale del termine “Politica” e “Partecipazione”, parlando del senso di un termine poco usato, desueto, eppure fondamentale in qualsivoglia forma di “Democrazia reale” o anche di “Socialismo libertario” e cioè il “CONTROLLO DEMOCRATICO DAL BASSO”.

In questo i nostri politici sono ormai profondamente deformati, salvo alcuni casi isolatissimi. La loro convinzione diffusa è, palesemente, che il Parlamento sia la Casa del Privilegio. In ogni sua manifestazione, dal politico di razza, al cancelliere, al barbiere e all’usciere, passando per portaborse e sottosegretari.

Essi sono persi nell’assoluta autoreferenza … e questo è grave, persino in un sistema pseudo-democratico … oligarchico travestito come il nostro. L’aumento della distanza dell politica dal paese la svuota, privandola di fascino e di credibilità. Riducendola a Casta … sebbene questa parola sia una descrizione sommaria e parziale della realtà e non descriva compiutamente i difetti del nostro sistema, infettato dal capitalismo e dalla sua competitività sfalsata e corrotta.

(fonte immagine: web)